In un gustoso film di Ficarra e Picone, “L’ora legale”, c’è una battuta che ci dà da riflettere. Un bravo cittadino vince le elezioni a sindaco di un paese immaginario, superando l’avversario, che è un corrotto. Il nuovo sindaco imposta la propria politica sul rispetto della legge e sull’onestà, ma il suo amico (Ficarra) lo incoraggia a cambiare il comportamento. La battuta che colpisce è “avevano vinto loro e comandavano loro, oggi abbiamo vinto noi e comandiamo noi”. È questa la democrazia? Oggi si suole parlare di governi non eletti dai cittadini, che sarebbero i governi tecnici, e un governo legittimato dal voto, che sarebbe quello corrente. Ma la democrazia è realmente un assegno in bianco?
Una delega così forte somiglia molto ad una dittatura, cui manca solo la repressione violenta dell’opposizione. In una democrazia sana, chi è al governo dovrebbe astenersi dal combattere le opposizioni con metodi spesso poco leali. Se valessero le regole della cavalleria, un simile comportamento sarebbe sicuramente bollato come vile, infierire sul perdente è vile. D’altra parte la funzione delle opposizioni è di costituire il primo baluardo contro il prevalere di una linea politica esclusiva. Le opposizioni rappresentano pur sempre una parte significativa del popolo votante ed hanno il diritto di esprimere il proprio dissenso senza subire insulti e limitazioni di espressione.
Ma la democrazia è, forse, ancora di più. Non è certo dire ai cittadini “ho vinto io, mi hai dato il voto perché rappresento il tuo interesse e quello che faccio è per il tuo bene, anche se non ti pare”. Il controllo democratico delle azioni di governo dovrebbe esercitarsi con un lavoro capillare che coinvolga continuamente i cittadini che, proprio per questo, non sono più il “popol bue” del passato. E questo controllo si esercita attraverso un continuo confronto, che una volta si svolgeva nelle sezioni dei partiti, attraverso i congressi e le continue discussioni.
Oggi si interpreta l’astensione dal voto come una caduta d’interesse nella politica da parte dei cittadini. Ma la caduta d’interesse è dovuta, forse, all’incapacità dei partiti di coinvolgere i cittadini nelle proprie attività. Ed è in questa situazione che prospera l’ideale di un governo che pensa a tutto, un governo padre padrone, che si preoccupa dei cittadini (o sudditi?) elargendo ogni tanto qualche bonus, esattamente come nella Roma imperiale i potenti ogni tanto facevano elargizioni al popolo. Fra l’altro il bonus è solo un beneficio temporaneo che ha la funzione di sostenere i consumi, piuttosto che migliorare la condizione dei cittadini. Un governo giusto e democratico dovrebbe preoccuparsi di creare una società in cui non tutti hanno quello di cui hanno bisogno, senza ricorrere a contentini che hanno lo scopo di placare gli animi, ma sono toppe temporanee. E costruire una società in cui ognuno abbia quello che serve ad una vita dignitosa è compito della democrazia, non di un governo paternalista.
Giacomo Ferrari
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